Il Dopoguerra

Le ferite e le lacerazioni economiche e sociali avevano lasciato solchi profondi in tutta la nazione.
La politica dei blocchi aveva spaccato in due la vita sociale e il paese si muoveva con difficoltà tra le lotte della classe operaia, egemonizzata dal credo dell’est Europa, da un lato e da quella “borghese” che si esprimeva a favore della politica liberistica occidentale.
Funzione principale di Confindustria fu, in tale periodo, quella di mediare gli interessi privati con quelli portati avanti da partiti e sindacati che si rifacevano ad un politica di sinistra ed ad una economia collettivistica.

Furono anni di lotte, anche aspre e di forti contrapposizioni da cui emerse il ruolo confindustriale in difesa della libera iniziativa e sprone ad orientare tutte le attività verso una economia di mercato.
Meri calcoli di convenienza politica portarono le autorità centrali a favorire lo sviluppo dell’industria di stato indebolendo voci e funzioni delle libera industria.

Tale situazione portò, a livello locale, alla cessazione di ogni rapporto con la grande industria. Società come Oto Melara, Muggiano, Termomeccanica uscirono dall’orbita confindustriale per passare alla “partecipazioni statati” e la collaborazione fino allora fattiva e foriera di sviluppo dell’industria locale fu limitata ad uno sterile rapporto di subfornitura, spesso non specializzata con il risultato di impoverire tutto il settore privato locale.
Si salvarono solo alcuni settori come quello edile che aveva consolidato il suo sviluppo non solo con la ricostruzione post bellica e quello portuale-mercantile che, grazie a nuovi insediamenti ed allo sviluppo della navigazione, basato ormai su scambi continentali, trovò modo di crescere notevolmente malgrado non facili ostacoli e ritardi nella pianificazione.

L’azione dell’Associazione, di supporto e stimolo per la categoria, portò in breve tempo a due risultati storici:

• le categorie portuali (spedizionieri, agenti, operatori terminalisti e del campo della logistica e dei trasporti) entrarono a far parte in modo organico del mondo confindustriale (1982)
• Confindustria La Spezia venne chiamata a collaborare con gli altri Enti committenti (Comune, Camera di Commercio, Cassa di Risparmio, Provincia) alla stesura del piano regolatore portuale

Non tutto il mondo imprenditoriale locale era concorde nel seguire la nuova politica propulsiva dell’Unione: nel 1981, una parte degli associati del settore metalmeccanico e della demolizioni, non condividendo i programmi operativi portati avanti si stacca dall’Unione dando luogo, prima ad una libera associazione locale e, poco dopo, all’Associazione Piccole e Medie Industrie della Spezia e della Lunigiana (CONFAPI).
Tale dolorosa scissione fu rimarginata alcuni anni più tardi (1993) e l’Unione consolidò in tal modo il suo ruolo provinciale di rappresentanza, riprendendo con rinnovato vigore la sua azione di sostegno e sviluppo dell’economia provinciale.

Per solenizzare l’evento viene cambiato il nome: l’”Unione” diviene “Associazione” in rappresentanza di tutti gli industriali privati spezzini.
Rimaneva ancora da recuperare il sistema delle partecipazioni statati che continuava a muoversi in modo autonomo ma, a partire dal 1995, cominciarono a registrarsi i primi movimenti verso un’auspicata riunificazione dei sistemi.

I primi a confluire furono le Ferrovie dello Stato; alcune realtà del gruppo Eni e le grandi catene alberghiere finchè, nel 1997, a seguito dello scioglimento dell’Associazione Intersind, ebbe luogo l’integrazione di tale sindacato nel sistema confindustriale. Nel 1998, le grandi aziende del parastato esistenti ed operanti sul territorio spezzino entrarono in Confindustria La Spezia (OTO Melara, Fincantieri, Telecom., etc). L’opera di allargamento della rappresentanza può dirsi completata in quegli anni con l’integrazione nel Sistema confindustriale di alcune aziende municipalizzate e, successivamente, del mondo della Sanità.

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